Nutrizione e Psicologia

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𝑪𝒐𝒔𝒂 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒍𝒆 𝒑𝒓𝒐𝒕𝒆𝒊𝒏𝒆 𝒊𝒏 𝒑𝒐𝒍𝒗𝒆𝒓𝒆
Le proteine in polvere (contenute negli integratori proteici) sono grandi biomolecole, costituite da una o più catene di aminoacidi. Le proteine svolgono molteplici ruoli importanti all’interno dell’organismo degli esseri viventi, dalla crescita dei capelli fino al funzionamento degli ormoni.

Le proteine in polvere sono niente meno che degli integratori alimentari; hanno un’elevata concentrazione di proteine, una bassa o assente percentuale di grasso, e una quantità variabile di carboidrati, per permettere al corpo di assimilare le proteine stesse.

Vengono utilizzati principalmente quattro tipi di proteine, classificati in base alla loro estrazione:

– Proteine del siero del latte
– Proteine della caseina
– Proteine del bianco d’uovo
– Proteine di soia

A questo punto riteniamo di avere elementi necessari per arrivare alla conclusione che assumere integratori proteici, in un soggetto sano e attivo fisicamente, non fa male nelle dosi prescritte, senza però negare che un’alimentazione sana e corretta non necessità di un’integrazione proteica neanche in soggetti molto attivi fisicamente.


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Un’alimentazione equilibrata in gravidanza è fondamentale per la tua salute e per quella del tuo futuro bambino.
In particolare, non serve mangiare per due: l’aumento di peso ottimale in gravidanza va dai 9 ai 16 chili a seconda che la donna sia normopeso all’inizio della gravidanza oppure sia in sovrappeso o abbia una gravidanza gemellare.
Ecco un aumento di peso medio per una donna normopeso:
• nel primo trimestre il tuo peso potrebbe aumentare di poco (tra gli 0,5 e i 2 chili)
• dal quarto mese, il peso cresce in media di 0,5 chilo/settimana.
Il consiglio è di mangiare un po’ di più (20/30% in più) e soprattutto seguire una dieta varia, fare 4-5 pasti al giorno e bere almeno 2 litri d’acqua oligominerale per evitare la ritenzione idrica.

Per le temute nausee, invece, ecco qui qualche piccolo consiglio:
• In caso di nausea acuta, prediligere i cibi secchi. Questi sono in grado di assorbire meglio i succhi gastrici.
• Favorire sempre i cibi più digeribili. Questa caratteristica è migliore negli alimenti ricchi di carboidrati, poveri di grassi, non troppo proteici, non troppo ricchi di fibre e cotti in maniera idonea (non crudi e non stra-cotti).
• Se privi di effetti collaterali sul nascituro, consumare i cibi funzionali contro la nausea.

Entrando più nello specifico, gli alimenti più indicati sono:
• Crosta di pane magro, gallette, pane wasa, crackers magri non salati ecc.
• Riso e pasta.
• Patate, carote e fagiolini.
• Legumi decorticati.
• Banane.


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Questo post è dedicato a tutte le mamme, per poterle aiutare a risolvere due dubbi prorompenti durante la gravidanza:

Cosa posso mangiare?

Verdure crude e cotte: Ad ogni pasto principale assicuratevi di consumare un bel piatto di verdure, alternando crude e cotte. Le verdure crude sono fondamentali per assicurarvi le giuste dosi di vitamine, che con la cottura andrebbero perse, mangiando verdure cotte invece riusciamo ad aumentarne la quantità e di conseguenza l’assunzione di fibre, che non solo ci danno un senso di maggiore sazietà e ci permettono di mangiare un po’ meno, ma rallentano anche l’assorbimento degli zuccheri e regolano la motilità intestinale prevenendo la stitichezza.

Frutta: Anche la frutta, come le verdure, è ricca di vitamine, minerali, fibre e acqua. Attenzione alla quantità però, perché la frutta contiene anche zuccheri, perciò, è bene non esagerare: 300-450g di frutta (2-3 frutti di medie dimensioni) sono più che sufficienti.

Latte e latticini: Un’importantissima fonte di calcio. Assicuriamoci di assumere quotidianamente 3 porzioni di latte parzialmente scremato o yogurt (1 porzione=125g) e a questa aggiungiamo 2 cucchiaini di formaggio grattugiato sulla pasta e due porzioni di formaggi freschi alla settimana.

Carboidrati: Diffidate da chi vi toglie i carboidrati dalla dieta, sono la fonte energetica principale per il nostro corpo e devono essere presenti ad ogni pasto. Preferiamo le fonti più semplici e meno raffinate, limitando quelle che contengono anche grandi quantità di zuccheri semplici, grassi o sale

Cosa non devo mangiare?
Gli alimenti da evitare assolutamente durante la gravidanza sono quelli che potrebbero causare gravi danni al bambino, per il rischio di contrarre gravi infezioni o sviluppare gravi malformazioni.


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In occasione dell’arrivo di questa Primavera, parliamo dei “colori” che si usano in cucina: due spezie dai colori vivaci, proprio come la primavera, la #paprika e la #curcuma.

La 𝓹𝓪𝓹𝓻𝓲𝓬𝓪, o paprika, è una spezia dal sapore dolce o piccante utilizzata in cucina come condimento. L’introduzione in Europa della paprica è avvenuta grazie agli ungheresi che ne impararono l’uso dai turchi.
La paprika presenta un elevato contenuto di vitamina A, betacarotene e luteina. È ricca di vitamine utili a proteggere i vasi sanguigni, tra le quali troviamo la vitamina E. Contiene vitamina B6, considerata utile per prevenire la perdita dei capelli.
Inoltre la paprika presenta proprietà antibatteriche. Contiene ferro, utile per prevenire l’anemia.. È una fonte di antiossidanti che aiutano a prevenire i segni dell’invecchiamento e a mantenere giovane il nostro organismo. Può aiutare a migliorare la circolazione.

Le proprietà più conosciute e dimostrate della 𝒄𝒖𝒓𝒄𝒖𝒎𝒂 sono quelle coleretiche-colagoghe, che favoriscono la produzione della bile e il suo deflusso nell’intestino; la curcuma può quindi migliorare la salute del fegato, contribuire ad eliminare gli eccessi di colesterolo e facilitare la digestione dei pasti abbondanti e ricchi di grassi.
La curcuma è anche molto utile nel trattamento della dispepsia (cattiva digestione), del meteorismo e della flatulenza (possiede proprietà carminative ed antispastiche); inoltre, ha dimostrato discrete proprietà antinfiammatorie, antivirali, antibatteriche, antifungine ed antiossidanti.


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Cibo e sesso hanno la stessa localizzazione cerebrale, gli stessi circuiti neuroendocrini, gli stessi ormoni che
li controllano.
Vengono stimolate le stesse molecole del cervello.
Pur essendo due bisogni fisiologici di base indispensabili alla sopravvivenza, propria e della specie il cibo e il
sesso non rispondono solo alla necessità fisiologica del nutrimento, entrambi sono fonte di gratificazione e
appagamento personale. Il legame tra sesso e cibo è talmente stretto che il sesso, l’intimità e l’amore, al
pari del cibo riempiono e consolano, colmando il nostro atavico bisogno di relazione e unione e facendoci
sentire bene tanto che lo stesso cibo perde di interesse.
Similmente il cibo può assumere una valenza sostitutiva nel momento in cui perdiamo il nostro oggetto
d’amore. Il mangiare diventa così un atto consolatorio che lenisce i sentimenti di rifiuto e di abbandono.
Pertanto se non soddisfiamo l’appetito dei sensi, il desiderio si sposterà sull’appetito di cibo!
Il potere di questo connubio è talmente forte da aver esacerbato l’idea che alcuni alimenti possano
condizionare la risposta sessuale e stimolare desiderio ed eccitazione sessuale.
Sono i cibi dell’amore … gli afrodisiaci.
Ma quali sono i tanto osannati cibi afrodisiaci.
Tra i cibi afrodisiaci vanno annoverati alcune spezie come anice e noce moscata, cacao e cioccolato,
peperoncino, zenzero, asparagi, avocado, ostriche, crostacei e caviale, champagne e alcol, solo per citarne
alcuni.
I cibi afrodisiaci funzionano?
Nonostante questa diffusa convinzione “afrodisiaca” di questi cibi i risultati della maggior parte degli studi
scientifici non supportano l’evidenza dei loro tanto decantati effetti afrodisiaci.
Il vero punto di forza di questi cibi è la percezione nell’immaginario comune, vale a dire se si ritiene che
siano afrodisiaci lo diventeranno, quasi per un effetto placebo!
Chi si convince da solo si convince prima e meglio!
Numerose ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che il potere afrodisiaco di determinate sostanze o
alimenti sarebbe legato soltanto ad un fenomeno di suggestione psichica.
Dal punto di vista farmacologico non esistono dati certi che ne provino l’efficacia.
La storia etnomedica evidenzia come l’uso di rimedi naturali come Citrullin, Ginkgo Biloba, Ginseng, Maca,
Damiana, Griffonia, etc., possa avere effetti migliorativi sulla funzione sessuale andando però solo ad
integrare la terapia sessuale e farmacologica vera e propria orientata più fattivamente alla risoluzione del
sintomo sessuale.
Gli effetti afrodisiaci di questi alimenti sostanzialmente sono da attribuire alla loro “fama” e alle aspettative
sessualmente stimolanti connesse alla loro assunzione più che ai reali effetti.
È la situazione, la persona e lo stato psicoaffettivo in cui ci troviamo il reale stimolante sessuale.
Gli afrodisiaci possono contribuire ad aggiungere solo un pò di pepe e complicità ad una piacevole serata
con la persona, soggetto dei nostri desideri sessuali più reconditi. Importanza va data più che al cosa può essere afrodisiaco, al come renderlo afrodisiaco.
L’atmosfera giusta, alimentata da un gioco di sguardi, ammiccamenti e sfioramenti, mentre magari si
cucinano insieme i cibi dell’amore, nutre l’eccitazione e riduce l’ansia, aumentando, al pari del peperoncino
e del cioccolato, la pressione sanguigna, favorendo così l’attivazione dell’ossido nitrico, fondamentale per
l’erezione, e attivando la produzione di feniletilamina, l’amina del benessere, contenuta in natura nel
cioccolato e nel vino, preparandoci a puntino per il dopo cena.
Oltre ad un’alchimia di sapori odori e luci se proprio vogliamo sedurre…vestiti sexy, trasparenze, corpi semi
nudi, muscoli in evidenza, sono un cocktail neuroendocrino esplosivo di strumenti che noi, animali senza
piume né criniere, possiamo usare per sedurre l’altro in una, lunga o breve che sia, danza del
corteggiamento.
Visto che molti problemi sessuali derivano dall’insicurezza, ben vengano le sostanze naturali che danno, per
la loro “fama”, una spinta in più….

A cura della Dr.ssa Anna Cardieri, psicologa sessuologa


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“Esiste una complessità di interazioni fisiologiche e comportamentali che collegano lo stress all’assunzione di cibo e allo stato emotivo” (Ulrich-Lai).

In questa interazione mutualmente interveniente è innegabile come il cibo per le sue proprietà gratificanti allevi lo stress emotivo e di contro come lo stress emotivo cambi i modelli alimentari. In situazioni emotivamente stressanti la salienza che assume il cibo si modifica. Privilegiamo cibi ad alto contenuto di grassi e zuccheri .
L’uso protratto di cibi “iperpalabili”, cioè buoni e gustosi proprio perchè ricchi di grassi, zuccheri e/o sali, unitamente agli adattamenti neurobiologici che promuovono possono innescare comportamenti di tipo compulsivo e di dipendenza.

A livello dei neurocircuiti, lo stress cronico può influenzare il sistema dopaminergico mesolimbico e altre regioni del cervello coinvolte nei circuiti di stress/motivazione potenziando sinergicamente la sensibilità della ricompensa e della soddisfazione data dall’assunzione di cibi grassi e ad alto impatto glicemico.

I cibi “iperpalabili” possono avere un maggiore potenziale di dipendenza neuro-chimica rispetto agli alimenti tradizionali come frutta, verdura e proteine magre.
Una interazione mediata da alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), del metabolismo del glucosio, della sensibilità all’insulina e di altri ormoni legati all’appetito e neuropeptidi ipotalamici.
Una dinamica che si autoalimenta nel tempo, tanto è che la valenza compensatoria e anestetizzante del cibo ad alto contenuto di grassi e zuccheri innesca compensazioni alimentari di abuso e dipendenza. Al pari del sesso e delle droghe, il piacere, il senso di soddisfazione e l’euforia che deriva dall’assunzione di cibo iperpalabile rinforza il comportamento e incoraggia a ripetere l’azione, in questo caso del mangiare, in un circolo disfunzionale che si autoalimenta.

Differenze individuali nella suscettibilità all’obesità e tipi di fattori di stress possono ulteriormente moderare questo processo (Yau YH, Potenza MN. 2013).
La percezione e la valutazione dello stress si basa su aspetti specifici degli stimoli esterni o interni che presentano e possono essere moderati o mediati da tratti della personalità, stato emotivo e risposte fisiologiche che insieme contribuiscono all’esperienza di sofferenza.

Poiché il cibo offre piacere a breve termine e sollievo dal disagio, il rinforzo negativo e l’angoscia possono motivare l’alimentazione correlata allo stress come un modo per regolare le risposte allo stress stesso.
La stimolazione ripetuta dei percorsi di ricompensa attraverso il cibo iperpalabile può portare ad adattamenti neurobiologici che alla fine aumentano la natura compulsiva di eccesso di cibo caratterizzato dalla frequente spinta ad iniziare a mangiare. Date le proprietà gratificanti del cibo, si ipotizza che i cibi iperpalabili possano servire come “cibo di comodità” che agisce come una forma di automedicazione per dissipare l’angoscia indesiderata (Garg N, Wansink B, Inman JJ. 2007). Ciò comporta una modificazioni del rapporto tra la persona e il bisogno di cibo.

Comprendere le associazioni e le interazioni tra stress , adattamenti neurobiologici e obesità è importante nello sviluppo di efficaci strategie di prevenzione e trattamento per l’obesità e le relative malattie metaboliche (Yau YH, Potenza MN, 2013).

 

dr.ssa Anna Carderi


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Chi dice che la parola dieta significa inevitabilmente togliere? Piuttosto mi piace pensare che la dieta sia una pulizia dell’anima. Da sempre cibo e psiche sono i più grandi alleati, capaci di trasformarsi insieme in una forza disumana animata da un’energia positiva. Ma alle volte non è sempre così.
L’influenza di una sana alimentazione ricade inevitabilmente sulla nostra psiche e viceversa. Chi di noi, dopo una stressante giornata di lavoro, non ha adocchiato un barattolo di Nutella, per poi farne piazza pulita? Chi, invece, a tavola è riuscito ad accontentarsi di un semplice piatto di pasta integrale e una bottiglia d’acqua fresca, riuscendo poi ad indossare i jeans tanto desiderati e sentirsi finalmente in forma?
Ogni giorno nel mio studio incontro persone che stanno attraversando un periodo particolare della propria vita. La prima domanda che mi viene spontanea è: “Come mangi?”. Questo perché penso che il cibo sia un grande parametro di valutazione su cui lavorare, insieme allo stato di benessere psicologico.
Non ho mai pensato che la privazione, come  anche l’eccesso, possa essere una soluzione o la soluzione. Sin da subito, seguendo questa traccia, ho sposato l’idea “free” della Dottoressa Paola: non privare le persone di ciò che davvero amano.
La pizza, un piccolo dolce o semplicemente il ragù della nonna, cibi che se consumati in dosi moderate possono solo rappresentare un motore, una forma di ricarica, per quel paziente che non chiede una privazione, ma di essere supportato. In questo senso, ritengo che privare non possa mai essere un punto a favore.
In pazienti obesi, una dieta estremamente restrittiva può portare, a lungo andare, ad un senso enorme di frustrazione che porta inevitabilmente alla rinuncia. Perché allora non decidere di godersi il piccolo peccato di gola senza senso di colpa, affrontando poi, con costanza e perseveranza, quel percorso per acquistare nuovamente quell’equilibrio perso?
La libertà, intesa come concessione, come scelta di ciò che si vuole mangiare e di ciò che si vuole essere, è un vero e proprio stile di vita!

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